Da qualche mese a questa parte ho iniziato un esperimento di linguaggio inclusivo sui miei canali social (Instagram e Twitter): uso il simbolo fonetico schwa /ə/ quando mi riferisco a una moltitudine di persone.
L’inclusività è un percorso e quello che passa dal linguaggio segue un cammino spesso impervio. Non è facile scardinare certe abitudini né cambiare il modo di esprimerci per permettere a chiunque di sentirsi parte del discorso.
Sembrano questioni di poco conto, ma le parole usate male pesano e scavano, radicalizzano pregiudizi, fossilizzano una società che vuole evolvere dentro ai si è sempre detto e scritto così.
È per questo che ho iniziato a usare lo scwha nella scrittura social: voglio provare a rendere il mio italiano più inclusivo con questo piccolo stratagemma.
In questo articolo spiego più nel dettaglio cos’è lo schwa e in che modo può aiutare la nostra lingua a essere meno discriminante.
Alla fine dell’articolo ho inserito una piccola bibliografia con gli articoli a mio parere più interessanti che hanno rinverdito il dibattito sulle soluzioni linguistiche per un italiano inclusivo.
Vuoi prima sapere cosa si intende esattamente per linguaggio inclusivo?
Il linguaggio inclusivo non si limita alle questioni di genere, ma abbraccia molte più istanze.
Scopri quali sono e perché accoglierle.
Che cos’è lo schwa?
Lo schwa, detto anche scevà, è un suono vocalico che, in italiano, non corrisponde a nessun fonema e non è parte del nostro alfabeto. Questo però non vuol dire che non lo possiamo scrivere o pronunciare (e più in basso vedremo come). 😉
Nell’alfabeto fonetico internazionale, quello che codifica i suoni di tutte le lingue del mondo, lo schwa viene posizionato al centro dello schema vocalico:
La Treccani lo definisce così:
Lo scevà è un suono vocalico neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità; spesso, ma non necessariamente, una vocale media-centrale.
Definizione di scevà, Enciclopedia dell’Italiano
Quindi come si pronuncia lo schwa?
Se a leggerlo sembra strano, o un errore di battitura, a voce è molto più semplice: lo schwa è il suono vocalico più diffuso in inglese, ma lo usiamo già anche in diversi dialetti italiani.
Il napoletano, il piemontese, il pavese, alcuni dialetti emiliani e del sud Italia fanno da secoli uso dello schwa.
Con questo video puoi imparare a pronunciarlo in meno di 5 minuti:
Come e perché usare lo schwa nell’italiano inclusivo
Ok, le premesse linguistiche ci sono ma, visto che lo schwa non esiste nel nostro alfabeto, perché e come usarlo in italiano?
Tempo fa ho trovato la risposta nella proposta di Italiano Inclusivo, ideata da Luca Boschetto. Questo sito e le risorse che si trovano al suo interno mi hanno aiutata ad approfondire i motivi per cui lo schwa potrebbe essere una buona soluzione per un italiano inclusivo.
L’insita discriminazione di una lingua flessiva
L’italiano è una lingua flessiva: declina per genere i pronomi, gli articoli, i sostantivi, gli aggettivi e i participi passati.
Questo significa che parlare in modo neutro rispetto al genere della persona oggetto del discorso è molto difficile.
E infatti, nel nostro italiano primeggia il ricorso al maschile sovraesteso, quello su cui ripieghiamo ogni volta che ci riferiamo a una moltitudine mista.
Un esempio banale della facilità con cui passiamo al maschile sovraesteso?
La mia classe di yoga.
La partecipazione è, nove volte su dieci, completamente al femminile e l’istruttrice coniuga le sue istruzioni di conseguenza: ci chiama ragazze, ci complimenta con un bravissime.
Una volta su dieci, però, partecipa alla lezione anche un uomo. Un solo uomo in una classe di 15 donne. In quelle occasioni, la nostra istruttrice coniuga la lezione completamente al maschile: ci chiama ragazzi e ci dice che siamo bravissimi.
Questo passaggio linguistico nasconde in un attimo un intero collettivo femminile per la sola presenza di un individuo di sesso maschile. Una cosa di poco conto, forse, in un contesto informale come una classe di yoga.
Qual è invece il suo impatto quando si parla a una collettività?
Penso alla scuola, ai gruppi di lavoro in azienda o ai discorsi alla cittadinanza.
La lingua che usiamo quotidianamente è il mezzo più potente e pervasivo per trasmettere la nostra visione del mondo. Nel nostro uso della lingua italiana, lo spazio dato al maschile è ancora troppo ampio e in qualche modo corrobora il principio della marginalità della donna nella nostra società.
Se ne parlava già negli anni ’80, quando la saggista e linguista Alma Sabatini scrisse Il Sessismo nella lingua italiana.
Era il 1986, e la Commissione Nazionale per la parità e le pari opportunità tra donna e uomo le affidò la cura delle linee guida rivolte alle scuole e all’editoria scolastica per proporre l’eliminazione degli stereotipi di genere dal linguaggio.
Alma Sabatini si concentra sull’uso del maschile sovraesteso ma anche sulle lacune dei termini istituzionali e di potere mai declinati al femminile.
Non vi sono dubbi sull’importanza della lingua nella «costruzione sociale della realtà»: attraverso di essa si assimilano molte delle regole sociali indispensabili alla nostra sopravvivenza, attraverso i suoi simboli, i suoi filtri si apprende a vedere il mondo, gli altri, noi stesse/i e a valutarli.
Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, Roma, 1986
C’è quindi bisogno di avanzare con un intervento più radicale per oltrepassare la natura flessiva della lingua italiana.
Finora sono state adottate diverse soluzioni per flessibilizzare l’italiano in modo che sia più inclusivo verso le moltitudini miste: asterischi *, chiocciole @, la duplicazione (care tutte e cari tutti), uso della u o della y, e tantissime altre.
Vera Gheno le ha censite qualche mese fa in questo prezioso post su Facebook.
Lo schwa rientra fra queste soluzioni e la sua introduzione nella grammatica italiana potrebbe porre meno ostacoli ad altri simboli non leggibili né flessibili, come asterischi e chiocchiole.
Uso pratico dello schwa in italiano
In questo contesto, lo schwa /ə/ diventa una vocale vera e propria che sostituisce le desinenze di nomi e aggettivi al singolare (-a/-o):
⎪Carə amicə miə, guarda che bello schwa!
Lo schwa lungo /3/, invece, è la vocale centrale semiaperta non arrotondata che può sostituire la desinenza al plurale.
⎪Spero che tutt3 quell3 che leggeranno questo post, mi vorranno poi dire cosa ne pensano!
Casi particolari
L’italiano è una lingua grammaticalmente complessa, e le sue irregolarità possono complicare l’introduzione dello schwa.
Luca Boschetti, nel sito italianoinclusivo.it, formula una proposta interessante per superare gli ostacoli dati dalle irregolarità nella formazione di sostantivi, aggettivi e articoli.
1. L’articolo determinativo
In italiano, l’attribuzione di genere ai sostantivi parte prima di tutto dall’articolo. Quello determinativo potrebbe rappresentare un bello scoglio da circumnavigare.
Come introdurre lo schwa nella declinazione il – lo – la – il – gli – le?
Boschetti ricorda che, nell’italiano arcaico, l’articolo maschile singolare era lo; l’attuale il è una sua derivazione posteriore.
Al singolare, quindi, l’introduzione dello schwa trasformerebbe l’articolo determinativo singolare nella formula unica inclusiva lə.
Seguendo la stessa logica, l’articolo determinativo plurale (i/gli/le) può diventare l3.
2. Parole ambigeneri che iniziano per vocale
Le parole ambigenere (chiamate anche epicene) sono quelle che non cambiano forma con la declinazione di genere: mi vengono in mente artista, cantante, dipendente.
Cosa succede con le parole ambigenere che iniziano per vocale, come artista?
Ora abbiamo un artista per il maschile e un’artista per il femminile.
Finora abbiamo usato l’apostrofo per indicare l’elisione della a nella forma femminile.
Per questi casi, Boschetti propone di sostituire l’apostrofo con l’asterisco: un*artista.
Nel parlato, non ci sarebbe nessuna differenza.
3. Sostantivi irregolari
Altro caso che mette in luce la complessità della nostra lingua è la forma irregolare per alcuni sostantivi.
Direttore e direttrice, professore e professoressa, pittore e pittrice, poeta e poetessa, lettore e lettrice.
In questi casi, potremmo mantenere la radice della parola e aggiungere la desinenza inclusiva: direttorə, professorə, pittorə, poetə, lettorə.
Ecco un riepilogo che schematizza tutti i casi, regolari e particolari.
Dove si trova lo schwa nella tastiera del computer o del cellulare?
A prima vista…non si trova!
Ma non disperiamo: ci sono diversi modi per inserire lo schwa sia nella forma singolare ə che nella forma plurale 3.
La combinazione di tasti però dipende dal sistema operativo che stai usando.
Io uso un Mac e ho salvato lo schwa tra i miei simboli preferiti.
Apro la tavola Emoji e Simboli dalle impostazioni della tastiera:
E poi cerco lo schwa:
È anche possibile salvare una scorciatoia da tastiera usando le preferenze di sistema del Mac:
Preferenze del sistema > Tastiera > Testo > +
Facendo clic sul segno più, puoi scegliere la combinazione di tasti che il Mac tradurrà con ə:
Per quanto riguarda il telefono, io ho un Android e uso la tastiera integrata del mio telefono dove ho installato tre lingue: inglese, italiano e spagnolo.
Trovo lo schwa premendo a lungo sul tasto e.
In alternativa, con una tastiera Swiftkey, scaricabile da Google Play, puoi salvare il simbolo ə e richiamarlo con una combinazione di tasti mentre scrivi.
Per una panoramica delle altre scorciatoie per Windows e iOs ti consiglio di fare riferimento alla sezione Strumenti del sito Italiano Inclusivo.
Una lingua che accompagna una società in evoluzione
Amo lo schwa perché credo nel suo potere di far cadere la barriera linguistica di genere, rappresentando anche le persone che non si riconoscono in un genere binario (e sono tante, più di quante crediamo).
Una società che cambia e si evolve ha bisogno di una lingua che le vada dietro. Possiamo contribuire a farlo con una vocale in più.
Sono una gran fan dell’adagio “un passo alla volta”.
Continuiamo a percorrere questo cammino insieme?
Postilla finale: Naturalmente non sarà uno schwa a salvare, da solo, l’inclusività del linguaggio. Sono tante altre le misure che ancora dobbiamo abbracciare per raffigurare le diversità della nostra società e migliorare la rappresentanza di genere.
Anche con i fatti, non solo con le parole.
Ma ecco, ricordiamo che rendere più inclusiva la nostra lingua non toglie alcuna energia alle altre importanti questioni che girano intorno alla parità di genere. 💛
Per saperne di più sull’uso dello schwa nel linguaggio inclusivo
- Le origini dello schwa, sull’Enciclopedia dell’Italiano della Treccani
- La prima proposta strutturata per l’uso dello schwa: Italiano Inclusivo di Luca Boschetto
- Vera Gheno argomenta la sua preferenza per lo schwa su La Falla, l’almanacco del Cassero
- Sempre Vera Gheno sul dibattito attuale intorno allo scwha, The Submarine
- Una guida pratica al linguaggio inclusivo, con schwa, ma non solo, di TDM Magazine
- Buone pratiche per un linguaggio neutro, Trans Media Watch Italia
- Il difficile dibattito in Italia per un linguaggio inclusivo, Valigia Blu
Se invece ti interessa leggere il saggio completo di Alma Sabatini, da qui puoi scaricare Il sessismo della lingua italiana del 1986.
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