Se in Italia il dibattito sullo schwa ha iniziato a infiammare gli animi da un paio di anni a questa parte, il discorso su linguaggio e scrittura inclusiva in Francia è già più vecchiotto: loro ne discutono con passione e costanza più o meno dagli anni ’70, e hanno riportato il tema in auge intorno al 2017.
Con questo articolo non voglio ripercorrere le origini del dibattito sul linguaggio inclusivo in Francia, è un tema che merita altri spazi e competenze. Mi interessa piuttosto analizzare in che modo il dibattito sul linguaggio inclusivo con prospettiva di genere in francese si è sviluppato di recente e quali sono le più popolari proposte di scrittura inclusiva in francese.
Credo sia utile per capire che il tema del linguaggio inclusivo non è “di moda” solo in Italia, ma si tratta di un discorso che sta andando avanti allo stesso tempo in diversi Paesi del mondo.
Prima di iniziare, però, è importante fare una premessa per inquadrare il contesto in cui si muove il dibattito sul linguaggio inclusivo francese.
In Francia esiste un’antica ma vivissima istituzione che veglia sulla lingua francese e ne definisce “il buon utilizzo”: l’Académie Française, fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu.
Anche se non legalmente vincolante, l’approccio di questa istituzione nei confronti della lingua francese è prescrittivo: l’Académie scrive le regole grammaticali, approva i nuovi termini e, per dirla con l’articolo XXIV del suo statuto, «opera con tutta la cura e la diligenza possibili per dare delle regole certe alla lingua e renderla pura, eloquente e capace di trattare sia le arti che le scienze.»
Tra i suoi compiti c’è anche la redazione del Dizionario ufficiale della lingua francese, ora in formato digitale. Questo approccio la distingue dall’Accademia della Crusca italiana che segue invece il descrittivismo linguistico.
Le premesse ci sono: ora possiamo iniziare!
Le origini del dibattito su linguaggio non sessista e scrittura inclusiva in francese
Il primo libro che affronta la questione del sessismo nella lingua francese risale al 1978: lo scrisse la linguista Marina Yaguello e si intitolava Les Mots et les femmes. Si tratta di un saggio che esamina tutte le caratteristiche puramente linguistiche riconducibili agli stereotipi più sessisti. Una decina di anni dopo, nel 1989, Yaguello scrive Le Sexe des mots, dove analizza con umorismo la connotazione di certe parole francesi.
Saggi accademici a parte, il dibattito più generalista inizia ad animarsi intorno al 2013. In quell’anno l’Haut Conseil à l’Egalité entre les femmes et les hommes. pubblica il primo documento ufficiale per aprire il dibattito (anche) sull’uso del linguaggio inclusivo nella società francese: è il “Rapport relatif à la lutte contre les stéréotypes. Pour l’égalité femmes-hommes et contre les stéréotypes de sexe, conditionner les financements publics“.
L’Haut Conseil à l’Egalité entre les femmes et les hommes (HCEfh) nasce nel 2013 tramite decreto del Presidente della Repubblica François Hollande. È un ente indipendente che ha l’obiettivo di «garantire la consultazione nella società civile e guidare il dibattito pubblico sui principali orientamenti della politica in materia di diritti delle donne e di uguaglianza».
Il rapporto dell’HCEfs si concentra sullo «sviluppo di una metodologia trasversale e innovativa per ridurre strutturalmente gli stereotipi e le disuguaglianze: il gender budgeting, e in particolare il meccanismo della “equal-conditionality” dei finanziamenti pubblici». Questa misura consiste nel condizionare i finanziamenti pubblici a terzi al rispetto della parità di genere e alla lotta contro gli stereotipi sessisti. L’Haut Conseil si concentra su tre campi di applicazione: la comunicazione istituzionale, i media e l’educazione.
La metodologia del gender budgeting adottata dall’HCEfs prende esplicitamente in considerazione l’obiettivo dell’uguaglianza tra donne e uomini nel processo di allocazione del bilancio. E le misure introdotte dal Rapport relatif à la lutte contre les stéréotypes vogliono promuovere un uso attento di immagini e parole in ambito pubblico.
Dopo una lunga introduzione sulla definizione degli stereotipi sessisti, sui fattori che li promuovono e sulle implicazioni del gender budgeting, a partire da pagina 105 il rapporto si concentra sulle strategie comunicative che media e istituzioni pubbliche possono applicare per fomentare l’uguaglianza tra uomini e donne: la comunicazione visiva e la scelta delle parole.
Il capitolo Le langage reflète la culture (“il linguaggio riflette la cultura”), per esempio, inizia così:
«La storia della lingua francese ci mostra che le parole, come la grammatica, sono segnate da disuguaglianze tra donne e uomini. Così, un linguaggio che invisibilizza le donne è il riflesso di una società in cui le donne hanno un ruolo secondario.»
A questo proposito, le raccomandazioni 12 e 13 del rapporto HCEfh prevedono di:
- riaffermare l’importanza dell’uso del femminile nella lingua francese;
- far sì che tra i compiti degli Alti Funzionari per la terminologia ci sia anche il controllo della corretta applicazione dell’uso della forma femminile per i nomi di professioni, titoli, gradi e funzioni all’interno delle amministrazioni.
Il rapporto fa specifico riferimento alla grammatica francese: perché?
Una delle regole grammaticali più contestate da chi sostiene l’importanza di una lingua inclusiva è quella che dice “le masculin l’emporte toujours sur le féminin“: nella concordanza di genere, il maschile prevale sempre sul femminile.
Per cui, nella frase “Mes frères et mes sœurs sont venus chez moi” il participio passato del verbo venir è concordato al maschile plurale.
Mes soeurs, pur riferendosi a persone di sesso femminile e di genere grammaticale femminile, viene concordato al maschile plurale (se ti suona familiare è perché succede lo stesso anche in italiano).
La regola di prevalenza del maschile sul femminile è presente su tutti i libri di grammatica delle elementari. In un articolo su Slate France del 2017, la giornalista Titou Lecoq ricorda come venne accolta questa notizia nella sua classe:
«Le ragazze della classe fischiavano e i ragazzi applaudivano. Avevamo capito perfettamente cosa c’era in gioco, e l’illustrazione del libro ce lo sbatteva in faccia. Le ragazze stavano perdendo la partita. Guillaume e Quentin gridarono: “Siete più deboli! Siete più deboli!”».
Lecoq torna anche un po’ indietro nel tempo per ricordare che questa regola grammaticale non è scritta nelle “tavole della legge” della lingua francese. Fino al XVII secolo, infatti, la concordanza nome-aggettivo si basava sulla prossimità: l’aggettivo qualificativo concordava con la parola più vicina a cui si riferisce.
È a partire dal XVII secolo, in piena presa di potere ideologica della lingua francese, che viene inventata la nuova regola della superiorità del maschile. Eppure – scrive sempre Lecoq – la regola di prossimità sarebbe più semplice da ricordare e applicare.
La scrittura inclusiva nei libri scolastici francesi: il caso del 2017
Non è un caso che il proliferare di articoli che parlano di scrittura inclusiva in francese si verifichi nel 2017. Quell’anno, l’opinione pubblica francese si sente davvero coinvolta in larga scala nel dibattito, e per una ragione ben precisa: la casa editrice Hatier, specializzata in libri scolastici, fa una scelta clamorosa e introduce la scrittura inclusiva in un sussidiario delle elementari.
L’indice, per esempio, appariva così (concentrati sui punti 15, 16, 17 e 18):
Tutti i mestieri citati nel sussidiario sono scritti con il punto . che è una delle proposte di scrittura inclusiva in francese (lo vediamo meglio tra poco).
Il libro di testo di Editions Hatier accoglieva le raccomandazioni dell’HCEfh, e si concentrava in particolare su questi punti:
- fare in modo che il numero di donne e uomini presentati nel testo sia il più possibile equilibrato;
- dare lo stesso peso alla forma femminile e a quella maschile (e per farlo hanno scelto il punto basso . );
- preferire l’ordine alfabetico quando, nella stessa frase, si usano parole al femminile e al maschile, e applicare la regola di concordanza per prossimità.
È la prima volta che succede, e le critiche non mancano.
Mentre L’Haut Conseil à l’Egalité si congratula con Hatier su Twitter, sui media conservatori si parla di delirio femminista.
Nemmeno l’Académie Française la prende benissimo, e accusa questa «aberrazione inclusiva» di esporre il francese a un pericolo mortale:
«Quanto alle promesse del mondo francofono, saranno distrutte se la lingua francese si ostacola da sola diventando più complessa, a vantaggio di altre lingue che ne approfitteranno per prevalere sul pianeta.»
Sì, restano umili.
Allo stesso tempo, sono tante le voci a favore, comprese quelle del comitato di insegnanti che rifiutano pubblicamente la regola di prevalenza del maschile giudicata sessista.
Da quel momento, il dibattito sulla scrittura inclusiva è dappertutto.
Quali sono le proposte di scrittura inclusiva in francese?
Il rifiuto della regola grammaticale di prevalenza del maschile è solo l’inizio. Iniziano a diffondersi altre proposte per rendere più inclusiva la forma scritta e dare pari rappresentanza al maschile e al femminile.
Un buon compendio di soluzioni si trova nella versione francese del sito delle Nazioni Unite, dove si trovano molte raccomandazioni ed esempi, tra cui:
- usare correttamente i titoli professionali, declinandoli al femminile quando si riferiscono a una donna;
- non ridurre le donne a un nome, ma usare il cognome come si fa con gli uomini e, se pertinente, anche il suo titolo professionale;
- evitare la distinzione tra Mademoiselle e Madame, che mettono l’accento sullo stato civile di una donna anche quando non serve;
- evitare espressioni sessiste o foriere di stereotipi (come quando si parla di “uomini che aiutano nei lavori domestici” o si usa l’aggettivo virile come sinonimo di forza e determinazione);
- evitare le espressioni che privilegiano un genere rispetto all’altro (e scegliere, per esempio, l’humanité o les êtres humains invece di les hommes);
- preferire i nomi collettivi e astratti per evitare il maschile generico (come le personnel invece di les employés, o l’équipe de direction/la direction invece di les directeurs et les directrices);
- preferire le parole epicene o neutre, cioè quelle parole non marcate in base al genere che possono essere usate sia al maschile che al femminile senza variazioni di forma (come cadre invece di administrateur/administratrice, athlète invece di sportif/sportive, ecc.). Se vuoi approfondire, una folta lista di parole epicene, collettive e neutre in francese si trova qui;
- preferire la voce attiva a quella passiva, per evitare di dover declinare i participi.
L’uso alternativo della punteggiatura nella scrittura inclusiva in francese
Il sito delle Nazioni Unite nomina tra le sue raccomandazioni anche gli strategemmi tipografici di scrittura inclusiva che, un po’ come schwa e asterisco in Italia, hanno scaldato le polemiche: la barra obliqua, le parentesi e il punto.
Vediamo come si usano.
La barra obliqua /
La barra obliqua serve per indicare sia il maschile che il femminile di un sostantivo, di un aggettivo o di un participio:
Es.: Le/la fonctionnaire nommé/e à ce poste s’acquitte des tâches suivantes.
Niente di particolarmente innovativo, è un escamotage che si usa da tempo anche nella nostra lingua.
Le parentesi ( )
Allo stesso modo, anche le parentesi si possono usare per indicare la desinenza femminile all’interno di una parola al maschile:
Es.: Les administrateurs(trices) sont parti(e)s en congé.
Il punto . e il punto medio ·
Il punto . e il punto medio · sono due delle tecniche di scrittura inclusiva in francese che hanno preso più piede: servono a includere nella stessa parola sia la declinazione al maschile che quella al femminile.
Riprendiamo l’esempio del sussidiario delle edizioni Hatier che hanno scelto il punto . :
Les agriculteur.rice.s invece di agriculteurs (gli agricoltori).
Les artisan.e.s invece di artisans (gli artigiani).
Les savant.e.s invece di savants (i dotti).
Les puissant.e.s invece di puissants (i potenti).
La parola agriculteur.rice.s è la forma inclusiva plurale che deriva dalla fusione di agriculteur (maschile singolare) + agricultrice (femminile singolare) + -s (desinenza del plurale).
Il punto medio funziona allo stesso modo, cambia solo la posizione del punto all’interno della parola, quindi:
Les agriculteur·rice·s.
Les artisan·e·s.
Les savant·e·s.
Les puissant·e·s
Ma come si leggono le parole con il “punto inclusivo”?
La pronuncia è in effetti uno dei punti dolenti di questa proposta di scrittura inclusiva. Ne parla un articolo di Lucille Bella e Thomas Messias pubblicato su Slate France:
«Non vi chiederemo di leggere ad alta voce “les prestidigitateur·rice s”, che potrebbe essere difficile da pronunciare e ancora più complesso da capire.
Chi si abitua a leggere tweet e articoli redatti con la scrittura inclusiva, arriva naturalmente a due tipi di lettura.
In primo luogo, il cervello trasforma questa notazione in un termine neutro: se leggiamo “les chanteur·euse·s”, capiamo immediatamente che si riferisce a uomini e donne che cantano. […]
In secondo luogo, se dobbiamo leggere un testo inclusivo ad alta voce, ci prenderemo la briga di espandere dicendo “les chanteurs et les chanteuses”.»
I due giornalisti confermano, quindi, che non esiste un modo univoco di leggere le parole scritte con questa tecnica; per chiarezza, dicono, quando si legge a voce alta sarebbe meglio esplicitare la doppia declinazione: les chanteurs (maschile, i cantanti) e les chanteuses (femminile, le cantanti).
E le desinenze neutre?
Finora abbiamo visto come la scrittura inclusiva in francese si concentri soprattutto sul binarismo tra forme femminili e maschili, cercando di dare la stessa rappresentazione a entrambe.
Questo ragionamento, però, non permette di includere nel discorso il tema della non binarietà di genere: come esprimerla linguisticamente?
In modo simile allo schwa per l’italiano, anche in francese sono comparse delle proposte di desinenze di genere neutro, ma sono rimaste molto ai margini del discorso. Ecco qualche esempio:
I pronomi personali
Se in inglese il pronome soggetto neutro predominante è il singular they, in francese le proposte si basano sempre sul concetto di fusione.
Per riferirsi a un persona di genere non binario o quando non si conosce il genere della persona di cui si parla, si può usare il pronome inclusivo iel.
Iel sostituisce il o lui (per il maschile) ed elle per il femminile: è formato dalla fusione di il + elle.
Al plurale diventa iels, come fusione di ils (“loro” nella forma maschile) e elles (“loro” nella forma femminile).
Es. iel a réussi à me convaincre, che in italiano potremmo tradurre con: ləi è riuscitə a convincermi (se volessimo adottare lo schwa come desinenza neutra).
I pronomi dimostrativi
Il pronome dimostrativo singolare inclusivo è cellui, come fusione di celui (maschile) e celle (femminile).
La forma plurale, invece, è celleux, creato dall’unione di ceux (maschile) e celles (femminile).
Es. Je m’adresse à toustes celleux qui sont intéressé·e·s à rencontrer cellui qui les représente
invece di: Je m’adresse à tous ceux qui sont intéressés à rencontrer celle qui les représente.
Nell’esempio precedente compare anche toustes, la forma plurale inclusiva dell’aggettivo tout (tutto, ogni,…). Si forma come unione di tous (maschile plurale) e toutes (femminile plurale). Al singolare, la forma inclusiva è touste (tout + toute).
Una nuova morfologia: x, z, æ… et als
Le proposte di scrittura inclusiva viste fin qui si basano tutte sulla fusione della desinenza femminile con quella maschile.
Esistono però anche proposte alternative che escono da questo schema e propongono delle modifiche alla morfologia delle parole per ottenere un “reale” genere neutro.
Vediamone alcune.
Le desinenze -x e -z
Su alcuni siti web dedicati alle tematiche dell’identità di genere e diritti LGBTQIA+, come Simonæ and Wiki Trans, si affacciano le desinenze neutre -x (per il singolare) e -z (per il plurale).
Per esempio, la parola assistant (assistente), verrebbe declinata così:
- assistant (m. s.), assistante (f. s), assistantx (neutro s.);
- assistants (m. pl.), assistantes (f. pl.), assistantz (neutro pl.).
Questa proposta viene dalla linguista Céline Labrosse, che la inserisce in un suo saggio del 1996: Pour une grammaire non sexiste, Éditions du remue-ménage.
L’uso del morfema -z ha origine nel Medioevo: veniva usato per marcare il plurale di aggettivi associati a sostantivi di generi diversi. Era una sorta di plurale neutro, poi scomparso dalla lingua nel corso degli anni e sostituito, come abbiamo visto sopra, dalla regola “le masculin l’emporte toujours sur le féminin“.
La desinenza -æ
La desinenza –æ viene usata in alcune nicchie dell’attivismo LGBTQIA+ e da alcuni blog, come il già citato Simonæ. Si usa per formare il genere neutro per i sostantivi che finiscono con la lettera -e, come la parola “deputato”:
- député (m. s.), députée (f. s.), députæ (neutro, s.)
Nel parlato, però, c’è un grosso rischio di ambiguità tra la forma maschile e quella neutra, dato che il morfema -æ si pronuncerebbe [é], come la forma maschile.
Alpheratz e il pronome neutro
E infine, nella lista di proposte che alimentano il linguaggio inclusivo in francese, c’è il pronome neutro ideato da Alpheratz, linguista che nel 2018 ha scritto il saggio Grammaire du français inclusif.
Secondo Alpheratz, il francese inclusivo che si basa sulle proposte di scrittura viste finora, non è sufficiente. A parte alcune tecniche come quella di usare parole epicene, le soluzioni attuali non sono soddisfacenti se analizzate sotto la lente della non-binarietà di genere.
Alpheratz ha quindi ideato un pronome nuovo di zecca, che non deve nulla alle già esistenti forme maschili e femminili: al per il singolare e als per il plurale.
La proposta di Alpheratz è molto articolata e prevede ingenti aggiunte e modifiche alla grammatica francese. Ma, almeno mentre scrivo questo articolo, non ho trovato ricorrenze sul web che testimonino l’adozione delle sue proposte. Compare sporadicamente in alcuni articoli che descrivono la sua idea, ma non sembra aver preso piede nel linguaggio comune.
Altre risorse
Ho potuto raccogliere tanto materiale sulla scrittura inclusiva in francese grazie a un webinar sul linguaggio inclusivo che ho tenuto qualche mese fa per studenti e insegnanti del Dipartimento di Lingue e Letterature del Mondo della South Connecticut State University.
So che ci sono lacune e semplificazioni, in questa mia raccolta. Per questo mi piace usare questo spazio per invitare al dialogo: se hai risorse interessanti da condividere sul tema, scrivile nello spazio dedicato ai commenti.
Intanto, se ti interessa approfondire le proposte di scrittura inclusiva in francese e il dibattito che ne consegue, puoi consultare queste risorse:
- Il rapporto sulla lotta agli stereotipi sessisti dell’Haut Conseil à l’Egalité entre les femmes et les hommes.
- Le linee guida sul linguaggio inclusivo in francese delle Nazioni Unite.
- Guide de grammaire neutre et inclusive, dell’associazione canadese Divergenres.
- Il sito di Alpheratz, linguista che ha redatto la Grammaire du français inclusif.
- Il manuale di scrittura inclusiva dell’agenzia di comunicazione parigina Mots-Clés.
- La dichiarazione ufficiale del 2017 dell’Académie Française che rifiuta il ricorso alla scrittura inclusiva e la sua utilità.
- Sempre l’Académie Française nella sua più recente lettera aperta contro la scrittura inclusiva.
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